Il manoscritto oggetto del lavoro di informatizzazione e di ricerca dell’Archivio di Stato di Terni – oggi conservato nel fondo Manoscritti dell’Archivio di Stato di Roma, nr. 359 - contiene quelle che sono state definite dal suo anonimo autore “Terni. Memorie diverse”. Il titolo di ‘Memoria’ dato all’opera non potrebbe essere più appropriato eppure non siamo di fronte a un diario o ad un’opera storiografica ma ad un ampio compendio – variamente annotato – dei libri delle riformanze cittadine dal 1387 al 1615, ovvero una fonte che può a buon diritto essere considerata una sorta di cronaca delle attività istituzionali del comune cittadino.
L’autore sintetizza fedelmente (in latino oppure in italiano), nell’ordine in cui lo trova scritto, il contenuto di tutte le delibere e del materiale di varia natura (lettere, bolle pontificie etc.) contenuto in ben 61 registri (ovvero 129 libri di notai cancellieri), dando conto della partizione in volumi e osservandone la sequenza. Queste sue “scelte editoriali” (che dimostrano un’attenzione per il documento nel suo complesso ed una correttezza filologica non comuni per il suo tempo) consentono di conoscere lo stato della serie ad una data che non deve essere troppo lontana dal 1615, anno in cui si interrompe la trascrizione. Infatti nei registri originali delle sedute consiliari sono presenti diverse lacune, prodotte sia intenzionalmente in relazione a momenti particolarmente delicati da un punto di vista politico e militare, sia da cause non direttamente dipendenti dalla volontà dei contemporanei o dei posteri più prossimi: tanto per fare un esempio, è quasi sicuramente dovuto alla peste che stava imperversando in città il vuoto che va dal 3 aprile 1418 al 22 agosto dello stesso anno1. È inoltre probabile che in momenti di particolare agitazione come in occasione di conflitti o scontri tra fazioni rivali, la situazione caotica possa aver prodotto, anche senza la volontà da parte di qualcuno, la scomparsa o la distruzione di questi materiali documentari: un incendio, la partenza del notaio con tutta la documentazione prodotta, l’impossibilità, in certe condizioni di precarietà, di rieleggere un cancelliere o quant’altro.
Con ciò non va del tutto esclusa anche l’ipotesi dell’intenzionalità: è possibile che alcuni casi “scabrosi”, come ad esempio l’ingloriosa fine della magistratura dei Banderari nel 1564 o forse momenti di eccessiva insubordinazione al potere ecclesiastico - che avevano visto come protagonisti esponenti di famiglie particolarmente in vista nella scena politica cittadina -, possano aver indotto qualcuno a cancellare tracce del passato considerate scomode.
Il confronto di questo manoscritto con gli originali ha inoltre permesso a Cristiano Carmi e Vladimiro Coronelli – i ricercatori impegnati, per conto dell’Archivio di Stato di Terni, nella trascrizione del manoscritto e nella sua preparazione ai fini della informatizzazione e verso i quali sono debitrice di molti chiarimenti - di individuare nei registri originali le numerose abrasioni, correzioni e sovrascritture intervenute in periodi successivi a quello di redazione degli atti consiliari e, grazie all’accuratezza delle note del nostro anonimo autore, anche di smascherarne alcune precedenti. Infatti spesso la tentazione di costruirsi un’origine più antica o più gloriosa deve essere stata troppo forte per chi, negli anni o nei secoli successivi, ricoprì incarichi che lo posero in contatto con quei volumi2.
Quasi tutti questi interventi riguardano infatti modifiche apportate a nomi di pubblici ufficiali, per lo più membri dell’aristocrazia cittadina o della borghesia più ricca, esponenti di famiglie di un certo rilievo che probabilmente non si erano ancora estinte a distanza di due secoli. È perciò verosimile che l’anonimo, quasi sicuramente ternano, potesse riconoscere in quelle liste di nomi gli antenati di concittadini suoi contemporanei. Così, i cognomi che spesso aggiunge a fianco di quei nomi costituiscono un’informazione aggiuntiva preziosa e attendibile, che permette di attribuire una fisionomia più determinata ai personaggi che si incontrano nelle pagine di quegli atti. Ugualmente per i toponimi, che spesso identifica e su cui fornisce ulteriori dettagli.
Qual’era dunque lo scopo di questa laboriosa compilazione? Nel manoscritto non vi è nessun cenno da parte dell’autore sulle finalità del suo lavoro, ma da un esame analitico sia del testo sia delle postille marginali è possibile formulare l’ipotesi che il suo interesse fosse prevalentemente prosopografico e mirato a comprendere chi, prima dell’evento traumatico della strage dei banderari dell’agosto del 1564, appartenesse alle famiglie dell’antica nobiltà di origine feudale e chi alle famiglie dei populares ovvero degli antichi boni viri o banderari, forse in preparazione di un’opera di letteratura araldica, il cui studio – com’è noto – era particolarmente in voga nel XVII secolo.
Ma al di là delle intenzioni dell’autore, resta da vedere quale importanza rivesta per gli studiosi, non solo ternani, il manoscritto 359 e il lavoro di informatizzazione ad esso relativo. La trascrizione – sempre fedele - di brani tratti dalle sedute consiliari o la loro riassuntiva riproposizione costituisce infatti una trama della storia cittadina, intessuta di personaggi, magistrature, eventi politici che interessano particolarmente l’autore, il quale aggiunge, nel testo stesso o nei margini del manoscritto, molte informazioni sulle località, sulle magistrature e soprattutto – come si è detto - sui personaggi citati, informazioni che finiscono per costituire un primordiale “ipertesto”, che rende la sua opera particolarmente preziosa e per certi versi complementare agli originali registri di riformanze, su cui è opportuno fornire ora qualche ulteriore informazione sia come fonte tout court sia come fonte per la storia ternana.
2. Le delibere dei consigli comunali come fonte storica
A partire dal periodo che coincide con la cosiddetta fase “popolare”, nei comuni dell’Italia centro – settentrionale si verifica un notevole incremento delle scritture di natura corrente, che documentano l’andamento della vita quotidiana del comune; ciò fu in gran parte dovuto alle necessità di trasparenza, controllo e “certezza del diritto”, scaturite dall’ingresso di nuove classi e di nuovi “ordinamenti particolari”3 nella gestione della cosa pubblica e dal conseguente vivacizzarsi della dialettica politica.4 In questo processo di sistematizzazione della produzione delle scritture pubbliche, giocano un ruolo di primo piano le riformanze, ovvero le delibere consiliari, redatte dal notaio-cancelliere municipale. La tipologia delle informazioni registrate è quanto mai varia ma quasi sempre annunciata dal notarius reformationum nell’incipit del suo libro. Vi venivano in pratica riportate tutte le deliberazioni consiliari e i momenti salienti della vita delle istituzioni comunali; per lo più registrazioni di normative in fieri, che riguardavano aspetti transitori, non destinate ad entrare a far parte del corpus normativo costituito dallo statuto cittadino5. Offrono quindi sia informazioni di primissima mano sulle decisioni politiche più importanti, sia resoconti, spesso molto dettagliati, di provvedimenti di ordinaria amministrazione, finanziari, economici e sociali. La presenza al loro interno delle liste dei magistrati e delle ordinationes officialium diversorum, deputationes eorumque electiones et iuramenta6 permette poi di comprendere con buona approssimazione quali fossero le competenze delle diverse magistrature, i mutamenti del quadro istituzionale e il potere reale esercitato dalle istituzioni cittadine, oltre, logicamente, ai nomi dei magistrati che si susseguivano nei diversi incarichi.
Le delibere consiliari rappresentarono il risultato più vistoso del passaggio da un tipo di documentazione composta di “formulazioni “chiuse” e giuridicamente compiute quali i diplomi […], gli statuti e le consuetudini”7, ad una situazione che vede l’affermarsi di scritture correnti, sistematiche, “aperte”, anche fisicamente differenti (assumono l’aspetto di quaderni o libri, molto spesso cartacei), redatte da notai cancellieri dotati di publica fides e conservate negli archivi comunali. Il forte significato politico di questa evoluzione è evidente, ma in passato non fu altrettanto chiaro il valore di questo tipo di documentazione quale fonte per la storia delle istituzioni comunali medievali. Le delibere consiliari hanno goduto finora di uno scarso interesse a causa del quale (e della incuria che ne conseguì) molti volumi vennero smarriti provocando gravi lacune nelle serie documentarie e la perdita degli esemplari più antichi; inoltre subirono di frequente accorpamenti e scorpori del tutto ingiustificati, forieri di ulteriori mutilazioni8. Inoltre, come è stato ribadito ancora di recente in occasione della redazione di un repertorio di questo materiale, “è immensa la sproporzione fra entità del materiale custodito negli archivi e il lavoro di edizione”9.
Ultimamente la riflessione su queste fonti è stata rivolta anche all’analisi delle riformanze di età signorile per mettere in luce gli aspetti peculiari, sia formali che sostanziali, dei vari cambiamenti di regime e del rapporto tra scritture correnti e pratiche di governo10, ed è proprio in questo senso che gli studi sulle riformanze di Terni potrebbero essere indirizzati, utilizzando tutte le potenzialità fornite dallo strumento informatico rappresentato dall’edizione del ms. 359.
3. Le delibere consiliari e la storia di Terni nel tardo medioevo
Nonostante la ricchezza delle fonti relative al periodo medievale e moderno disponibili negli archivi cittadini11, si riscontra una notevole carenza di studi, condotti con criteri scientifici adeguati, sulla storia medievale e rinascimentale del comune di Terni, in particolare per quel che concerne la storia delle istituzioni12; si deve perciò fare ancora riferimento ad opere ormai ‘datate’ come quelle dell’Angeloni13, del Passavanti14 e del Silvestri15, anche se è da segnalare negli ultimi anni un moltiplicarsi di serie ricerche su aspetti peculiari della storia cittadina medievale e rinascimentale.
A questo proposito – senza peraltro avere la pretesa di ripercorrere in maniera esaustiva la storiografia ternana più recente – vorrei ricordare in primo luogo, proprio per il costante ricorso ai registri delle delibere consiliari, due monografie curate da Vladimiro Coronelli su Braccio da Montone e Andrea Castelli, tra le più importanti figure della storia politica e istituzionale cittadina tardomedievale, monografie a cui hanno collaborato rispettivamente Marilena Rossi Caponeri ed Elisabetta David con un’accurata edizione delle fonti archivistiche più significative16. Rimanendo nel campo dell’edizioni di fonti di carattere pubblico, si devono anche ricordare le disposizioni suntuarie emanate dal comune di Terni dal 1431 al 1595, pubblicate da Elisabetta David nell’ambito della monumentale opera di edizione della legislazione suntuaria umbra curata da Maria Grazia Nico Ottaviani17 e la pubblicazione – peraltro non un’edizione critica – dello statuto cittadino del 1524 da parte di Lido Pirro e Paolo Rossi18.
Tra gli studi che illuminano aspetti più particolari della storia ternana e che utilizzano sia fonti pubbliche come le riformanze, che private come gli atti dei notai, si devono segnalare quelli di Paolo Pellegrini sulla comunità ebraica che si insediò a Terni già alla fine del sec. XIII e che stabilì articolati rapporti con il comune cittadino19. Sempre a Paolo Pellegrini si deve la curatela del recentissimo volume di saggi in memoria di Cinzia Perissinotto, 20 che contiene diversi apprezzabili contributi sulla storia ternana, tra cui – per quanto attiene al tardo medioevo - un saggio dello stesso Pellegrini sui contratti d’apprendistato del XV secolo e l’edizione del frammento di una cronaca scritta da un notaio del primo ‘400, curata da Cristiano Carmi e Vladimiro Coronelli21.
Infine è doveroso segnalare un accentuato interesse alla storia archeologica, topografica e artistica di chiese e palazzi cittadini, che hanno portato alla pubblicazione di opere pregevoli, come – ad esempio - il volume sul palazzo Mazzancolli a cura di Anna Pia Bidolli22 e quello relativo al palazzo di Michelangelo Spada curato da Maria Laura Moroni e Paolo Leonelli23.
Per Terni la “fonte” costituita dalle delibere consiliari, qui definite reformationes – che si sono conservate in serie “molto continuative”24, e quindi documentano per lunghi periodi la vita politica, economica e sociale della città -, ha invece un ruolo centrale nella ricostruzione sia delle istituzioni che del susseguirsi degli eventi cittadini, ancora in gran parte misconosciuti. Oltre che nelle preziose informazioni che contiene riguardo al quadro istituzionale della città ed al suo evolversi, una peculiare funzione di questa fonte è quella sia “di permettere di ricollocare in una ottica differente avvenimenti in parte già noti e contestualizzarli all’interno del dibattito politico; [sia] di porre in contatto più ravvicinato lo studioso con i personaggi protagonisti di quel dibattito e degli sviluppi della politica locale”25.
Anna Esposito